Vangelo 31.07.2023 (Mt 13, 31-35)

31 Un’altra parabola espose loro: Il Regno dei cieli si può paragonare ad
un granellino di senape che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32 Esso è
il minimo di tutti i semi, ma una volta cresciuto è più grande degli altri
legumi e diventa un albero tanto che vengono gli uccelli del cielo e si
annidano tra i suoi rami. 33 Un’altra parabola disse loro: Il Regno dei
cieli si può paragonare al lievito che una donna ha preso e impastato con
tre misure di farina perché tutta si fermenti. 34 Tutte queste cose Gesù
disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole. 35
Così si compì il detto del profeta che dice: Aprirò la mia bocca in
parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
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COMMENTO.
“Il Regno dei cieli si può paragonare ad un granellino di senape…” Siamo
sempre nelle similitudini, nella ‘figura’ di una realtà che la parabola fa
intravedere ascoltando, meditando, pregando, mettendo in pratica (Lectio
divina). Dio è l’Altissimo onnipotente, ma anche il Bassissimo , il
nullatenente, il più piccolo fra tutti gli esseri, un Dio al rovescio di
come spesso lo immaginiamo, di come il catechismo a volte insegna: un Dio
onnipotente, che domina sull’universo, che viene onorato da una Chiesa
forte, che fa grandi raduni, che riesce a fare grandi opere. Così deve
essere il discepolo. Invece: “Esso è il minimo di tutti i semi”. Il
minimo di tutti i semi, proprio Lui, proprio Dio il più piccolo dei semi.
Ma non la piccolezza lamentosa, scontrosa, insipida, dell’adulto rimasto
infantile, bensì la piccolezza sapiente, gioiosa dei piccoli. La
piccolezza di Maria , umile e grande nella fede, nella fiducia in Dio,
nello Spirito che annuncia cose impossibili all’uomo, ma possibili a Lui, a
Gesù, il più piccolo dei semi. “Ma una volta cresciuto è più grande degli
altri legumi e diventa un albero tanto che vengono gli uccelli del cielo e
si annidano tra i suoi rami”. Penso a S. Charles de Foucauld che ha
cercato il ‘posto più piccolo o ultimo” in tutta la sua vita da quando ha
incontrato Gesù di Nazareth ed è andato a nascondersi fra gli arabi e poi
fra i Tuaregs in Algeria come seme di fraternità con tutti. Quel seme,
come il vero Seme Gesù diventato albero sulla croce su cui si posano anche
i delinquenti, gli scarti dell’umanità, è diventato un albero con tanti
rami di seguaci su cui si appoggiano in molti oggi. “Il Regno dei cieli si
può paragonare al lievito che una donna ha preso e impastato con tre misure
di farina”. Per gli ebrei e così un po’ per tutte le colture, uno delle
caratteristiche del lievito sta nel fatto che è farina andata a male.
Purezza di Dio, al contrario di quanto spesso pensiamo, è il suo farsi
maledizione e rifiuto. E così è presente là dove c’è la morte, la
maledizione, il peccato. In questo Lui è Santo, è diverso da noi. Se non
fosse così, sarebbe il solito andazzo nostro con i puri di qua, i cattivi
di là, una elite di discepoli. Gesù è lievito, fermento, una specie di
immagine di Dio andata male (la sua storia che termina come un ladrone)
agli occhi del mondo, invece proprio così è lievito per tutta la pasta,
perché dall’ultimo posto in cui si è situato non fa notizia mondana, ma non
perde nessuno di quelli che il Padre gli ha dato. Chiamati e mandati da
Gesù a non perdere nessuno, come ci situiamo davanti alle ambiguità del
nostro tempo, della chiesa, degli amici? Che ‘purezza’ cerchiamo per
essere lievito buono che fa fermentare la pasta? Sappiamo toccare i
lebbrosi di oggi (poveri e ricchi) come Gesù ha fatto, come Francesco
d’Assisi e portare il rifiuto dei ‘benpensanti’ della società e della
chiesa senza lamentarci! Maranatha, Vieni Signore Gesù!