Vangelo 30.04.2023 (Gv 10, 1-10)
la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi
invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre
e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e
le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina
innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un
estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non
conoscono la voce degli estranei». Questa similitudine disse loro Gesù; ma
essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù
disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle
pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma
le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso
di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo».
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COMMENTO.
‘Pastore’, parola applicata ai capi o ai responsabili dei vari ‘recinti’
religiosi e civili. Un colpo d’occhio ai ‘Pastori’ di allora, come al tempo
dell’esilio in Israele, come oggi, in particolare se pretendono o si dicono
‘buoni pastori’, per cogliere che molti sono ‘ladri e briganti’. Parole
forti, ma viva la franchezza di Gesù di chiamare con nome adatto le
persone. Chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale
da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Nel recinto del Tempio di
Gerusalemme allora c’erano proprio tanti ladri e briganti e le pecore erano
‘oggetti’, non amate e liberate dal male, ma schiavizzate a sacrifici, a
pagare. Nei Recinti religiosi o civili nelle nostre Comunità,
Associazioni, come si comportano i capi? Chi invece entra per la porta, è
il pastore delle pecore. E per non fare confusione e lotte poi divisorie,
Gesù dice chiaramente: Io sono la Porta, Io sono il Pastore bello (meglio
di buon Pastore, con le sdolcinature applicate). Proviamo a cogliere
quanto è diverso essere un cristiano che segue in assoluto la religione
cristiana (un recinto), da un cristiano o semplice persona umana (come
esempio: Gandhi), che in qualche modo segue Gesù, Pastore bello. Se è Gesù
il mio Pastore, sto nella Chiesa, ma non ho altro vero pastore e mi sento
nell’unico gregge (non solo la chiesa cattolica), quello di ‘Fratelli
tutti’. Con Lui so che non manco di nulla (sal 22-23), sento che mi fa
essere libero, libero di entrare e uscire dal recinto stretto di regole, di
religione e altri recinti, come famiglia, comunità, associazioni, nazioni…,
ma passando per Lui che è Porta. E questa porta è larga come la
Misericordia ed è stretta come il ‘Donare la vita’ perché tutti l’abbiano
in abbondanza. Porta stretta, ma: Egli chiama le sue pecore una per una e
le conduce fuori. Chiamare per nome è far esistere o continuare l’opera di
creazione, far uscire verso nuove realtà. Chi, nella sua vita, ha mai fatto
esperienza di essere chiamata/o per nome da Gesù Cristo per un ‘esodo’, una
conversione, un essere condotto fuori (uscita) da chiusura, da sensi di
colpa, dalla paura della libertà? “Il ladro non viene se non
per…distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in
abbondanza.” E mi ritornano le parole del salmo 23(22): ‘Anche se vado per
valle oscura, non temo alcun male. Tu sei con me….’ Le valli oscure
della vita (gli inferi, che non sono l’inferno) sono molte e proprio là Tu
mi cerchi e mi porti in spalla e mi ridoni Vita, perché anch’io possa
portare in spalla altre pecore ferite, dicendo con il salmista: ‘ Bontà e
grazia mi sono compagne / quanto dura il mio cammino / io starò nella casa
del Padre-Pastore / lungo tutto il migrare dei giorni’.