Vangelo 23.07.2022 (Gv 15, 1-8)
Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto,
lo-taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più
frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se
stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io
sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto
frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene
gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel
fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi,
chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il
Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
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COMMENTO.
Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Prendiamola pure come
metafora, ma non allontaniamoci troppo dalla realtà nella quale viviamo, ci
muoviamo e siamo. La quantistica, visione scientifica, ultima per ora, ci
aiuta a leggere la Bibbia aprendo spazi di infinita interconnessione, che
non esclude niente e nessuno. Proprio l’incertezza e la relatività di ogni
definizione, di ogni approccio alla Verità (evidenziato dal lungo periodo
di Covid19) ci fa notare che siamo tutti collegati e a tutti i livelli
(umano-divino) e che nessuno può vivere e salvarsi, realizzarsi da solo.
Aiutati da Francesco con la Evangelii Gaudium e poi con le encicliche
Laudato sì e Fratelli tutti , impariamo a leggere il Vangelo e incontrare
il Cristo nel Creato e sulla terra sacra che è il quotidiano dei giorni, in
ogni fratello e sorella in umanità, nel Silenzio del cuore dove lo Spirito
abita. Quando Gesù dice Io sono la Vera Vite , il Padre mio è il vignaiolo
(coltivatore) parla in metafora, ma allo stesso tempo afferma un
mistero-verità enorme. In Lui c’è la pienezza della Realtà-Cosmo, di
Umanità e Divinità insieme. Ogni tralcio che in me non porta frutto,
lo-taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più
frutto. Nella vita personale e della comunità Chiesa, dell’Umanità e del
Cosmo ciò che conta è l’amore verso l’altro, che significa portare frutto:
così è la nostra costituzione di tralci, fatti per donare e saper
accogliere. Così dovrebbe essere ogni famiglia, comunità religiosa e
civile… Se non è così siamo rami secchi e allora meglio diventare cenere
subito continuando il ciclo di vita anche attraverso il fuoco o la morte. E
il ramo che porta frutto ha bisogno di essere ‘purificato’ (non potato) per
portare frutti migliori. Il Padre purifica, affidarsi a lui vale più che
affidarsi a noi stessi, incapaci di vedere dove passa il vero bene. Chi
rimane in me, e io in lui, porta molto frutto . Per rimanere in Lui c’è
da aver cura del divino-umano che è in noi con la preghiera, la
meditazione in varie forme, il Silenzio. E. Hillesum: “L’unica cosa che
possiamo salvare in questi tempi, e anche l’unica che certamente conti, è
un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio”. E poi: aver cura
dell’umano- divino che è nel Creato, nell’Universo in cui tutto e tutti
sono fratelli e sorelle. Questa cura comporta la promozione della dignità e
dei diritti della persona, la ricerca del bene comune mediante la
solidarietà, il coltivare e la salvaguardia del creato. Possa ognuno di noi
al suo posto amare avendo cura, sperare coltivando, camminare cantando.