Vangelo 13.09.2021 (Lc1-10)
Dopo che ebbe compiuto tutte le sue parole dentro le orecchie del popolo,
entrò in Cafarnao. 2Ora un servo di un centurione stava male, stava per
finire e gli era caro. 3Ora avendo udito di Gesù inviò da lui alcuni
anziani dei Giudei domandando a lui che venisse a salvare il suo servo.
4Ora essi, avvicinatisi a Gesù lo pregavano con sollecitudine dicendo: è
degno che gli faccia questo. 5 Ama infatti la nostra nazione e lui stesso
ci costruì la sinagoga. 6Ora Gesù, andava con loro e già quando egli era
non lontano dalla casa, il centurione mandò amici per dirgli: Signore, non
disturbarti, non sono infatti all’altezza che tu entri sotto il mio tetto.
7 Per questo neanche me stesso ritenni degno di venire presso di te, ma dì
una parola e sia guarito il mio servo-figlio. 8 Poiché anch’io sono un uomo
sottoposto al potere, con soldati sotto di me e dico a questo: Va’ e va e a
un altro: Vieni! E viene, e al mio servo. Fa questo! E fa. Ora, ascoltate
queste parole, Gesù lo ammirò e voltosi alla folla che lo seguiva disse:
“Dico a voi, neanche in Israele trovai tale fede!” 10E ritornati nella
casa, gli inviati trovarono il servo che era sano.
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COMMENTO.
Salgo sul pullman la mattina per andare in città; prendo il treno per
andare al lavoro; andrò domani dal dentista per curare il dente. Vari
motivi e, pur non rendendomene troppo conto, sono spinto da una energia di
fondo senza la quale sarei bloccato, come morto. Ecco: la fiducia,
necessaria a ogni uomo per vivere al di là della sua fede religiosa, della
sua cultura. E la fiducia nasce, in genere nell’accettazione delle
debolezze, dei limiti come possibile scoperta di me stesso, degli altri,
quasi un dono. Sì, il dono della debolezza, del limite riconosciuto,
accettato, allora divento capace di ascolto, di conversione a incontri
veri, profondi con gli altri, con Dio. “Un servo di un centurione stava
male”. Questo servo, questo ‘schiavo’ possiamo vederlo in ogni uomo,
chiunque sia, spaventato dalla morte, che è la malattia mortale per
eccellenza. Si dice che siamo dei viventi che vanno verso la morte. Questo
spaventa. E qui viene messa in evidenza la fede, fiducia di un pagano che
salva non se stesso ma il sevo. E’ un po’ sempre così. E’ la fede che
salva, la fede di un altro che ci aiuta ad tirar fuori la nostra fiducia
salvatrice. Non da soli, non noi, ma per via di un altro siamo salvati e
siamo tramite di salvezza ad altri. Tutto questo in Gesù, Lui il ponte di
salvezza, di vita per tutti. “Ma dì una parola e sia guarito il mio
servo-figlio”, oppure: “Va, la tua fede ti ha salvata!” E’ la fiducia
personale che salva, ma sulla Parola di Gesù, del Vangelo in particolare,
una parola affidabile, una parola che produce comunicazione, dono di sé.
Perché la parola ha forza e può produrre armonia, pace, creazione nuova e
bella ma anche divisione contrasti (lo dice il proverbio: Ne uccide più la
lingua che la spada!). Il potere della Parola, lo vediamo nei mezzi di
comunicazione, nelle reti internet, nei cellulari, spesso una parola che
devasta, che divide, che condanna. “Ora ascoltate queste parole”. La fede
nasce dall’ascolto attento, che scende dall’orecchio al cuore. E qui sono
sia il pagano centurione che gli scribi ebrei invitati all’ascolto. Ne
risulta che il pagano dimostra di voler bene a tutti e i giudei di voler
bene ai pagani. Ed è questo di cui abbiamo bisogno soprattutto oggi, una
benevolenza dei cristiani, degli aderenti alle religioni verso tutti e una
benevolenza nel sociale reciproca fra ogni etnia, nazione, continente e
gli altri. E che Gesù possa ammirare, meravigliarsi anche oggi della
fiducia che viene fuori da situazioni di dolore e sofferenza, da etnie che
soffrono persecuzione, da operatori nel sociale e politici che hanno
fiducia negli altri, nei piccoli, in un Dio di giustizia misericordiosa e
Padre-Madre di tutti.