Vangelo 04.08.2021 (Mt 15, 21-28)

21Partito di là Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. 22Ed ecco,
una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: Pietà
di me, Signore, Figlio di Davide, mia figlia è crudelmente tormentata da un
demonio. 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli
gli si accostarono implorando: Esaudiscila, non vedi come ci grida dietro.
24Ma egli rispose: Non sono stato inviato che alle pecore perdute della
casa di Israele. 25Ma quella si avvicinò e si prostrò davanti a lui
dicendo: Signore aiutami!. 26Ed egli rispose: Non è bene prendere il pane
dei figli per gettarlo ai cagnolini. 27È vero Signore, – disse la donna –
ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei
loro padroni. 28Allora Gesù replicò: Donna davvero grande è la tua fede! Ti
sia fatto come desideri. E da quell’istante sua figlia fu guarita.

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COMMENTO

Gesù ancora una volta va verso regioni ‘pagane’, cioè non di religione
ebraica, ma per Matteo non le raggiunge. E’ la donna cananea, cioè di
quelle regioni di altra religione, che viene verso di Lui. *Si mise a
gridare: Pietà di me, Signore, Figlio di Davide. *La donna prega gridando.
La preghiera dei poveri, la preghiera di chi sta cercando davvero il
Signore comincia normalmente con un grido, in cui c’è non rabbia ma sfogo
di sofferenza, come di un bambino che ha un problema e grida aiuto alla
madre o al padre. E l’espressione di questa donna pagana, lontana è
straordinaria, come nessuno in Israele, nessuno dei discepoli fino ad ora
si è espresso:* Pietà di me, Signore, Figlio di Davide*. Chiedere pietà è
chiedere grazia, è chiedere misericordia, è andare diretto al cuore di Dio,
Padre di Misericordia. Mi richiama il mantra o ritornello del Pellegrino
russo, della spiritualità dei monaci e cristiani orientali: Signore Gesù
abbi pietà di me. La preghiera, il gemito del popolo di Israele nel
deserto, la preghiera del figlio prodigo, la preghiera del cieco. La
cananea, una pagana chiama Gesù Signore, figlio di Dio e figlio di Davide,
cioè figlio dell’Uomo, Uomo-Dio; Tu puoi farmi grazia, Tu puoi liberare mia
figlia dal male. E insiste anche dopo il silenzio di Gesù, insiste
adorando, come han fatto i re magi, come fa il centurione romano in un
atteggiamento di rispetto, di totale abbandono. Sorprendono le parole di
Gesù: *Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini.* Se
prendiamo queste parole più rivolte ai discepoli che alla donna e se
teniamo conto che i discepoli in fondo dicendo ‘esaudiscila’ desiderano che
sia allontanata perchè da fastidio, allora possiamo chiederci chi sono i
veri figli e chi i cagnolini del Regno di Dio. Forse i figli sono proprio i
lontani (il prodigo) e i cagnolini il popolo eletto (quello rimasto in casa
senza però conoscere veramente il Padre).* È vero Signore, – disse la donna
– ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei
loro padroni. *La risposta della coraggiosa donna diventa così
un’affermazione della volontà di Dio, del Dio di Misericordia verso tutti,
figli naturali o cagnolini (secondo una classificazione mondana sociale o
religiosa). Gesù probabilmente nella sua missione terrena ha voluto
rimanere nel ristretto territorio di Palestina, nel piccolo, ma ha affidato
ai discepoli di universalizzare la Misericordia del Padre, la chiamata alla
figliolanza piena con Dio, alla bella fraternità fra tutti. E Gesù si
meraviglia della fede di questa cananea. È la fede di colui che è lontano
che improvvisamente però sembra accendersi; è la fede di chi è non
praticante, è la fede di chi spesso secondo i canoni della religione, non
ne ha diritto. Mentre forse chi è del giro religioso tanto da esserne
anestetizzato, chi è in situazione ritenuta di privilegio d’essere
cristiano (ma per Gesù non ci sono privilegi), proprio non avverte dentro
di sé questo accendersi improvviso della fede. Signore, aumenta la mia
fede. (fr. Tommaso)