Vangelo 06.11.2024 (Lc 14, 25-33)
“Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i
fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio
discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può
essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede
prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per
evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti
coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a
costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re,
partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può
affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se
no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace.
Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio
discepolo”.
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COMMENTO.
“Siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: “Se uno viene a
me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le
sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Nel
cammino verso Gerusalemme, nel cammino di discepoli cristiani Gesù sta
davanti e il suo voltarsi è per indicarci con lo sguardo benevolo e con le
parole forti le condizioni per seguirlo. Con il verbo ‘odiare’ padre e
madre …anche la propria vita, non incita all’odio verso padre e madre o
noi stessi, ma una radicalità di Amore che esige rifiutare completamente
l’attaccamento a tutto il resto. Al seguito di Gesù c’è da avere per Lui un
amore più grande che per ogni altra persona, più grande anche dell’amore
per la propria vita. “La Tua grazia vale più della vita” (Salmo 16). “Chi
non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio
discepolo.” Altra condizione per seguire Gesù e senza mezzi termini. Può
essere inteso in tanti modi; per quanto mi riguarda la croce sono i miei
limiti, il preoccuparmi invece di solo occuparmi, il quotidiano con le sue
abitudini e fatiche o con imprevisti, malattie. Portare la propria croce,
non si tratta di gesti eclatanti, sempre eroici, ma accettare con fiducia i
propri limiti fatiche e la realtà come si presenta con le sue difficoltà,
la malattia. “Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a
calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento”. ‘Odiare’
anche la propria vita, portare la croce? Chi è capace di tutto questo?
Chi può costruire la torre della propria vita, o chi può vincere la
battaglia del lasciare tutto, del riordinare la vita al seguito di Gesù?
Si tratta di far bene i calcoli. “Così chiunque di voi non rinunzia a tutti
i suoi averi, non può essere mio discepolo”. Rinunciare, non avere, non
possedere, perché meno si ha più si è sicuri di riuscire. Poveri di tutto,
anche delle nostre qualità, della nostra bravura, perché, come dice s.
Paolo: È quando sono debole che sono forte! E la nostra forza è la fiducia
nel Signore. Mi fido veramente di Gesù Amico e Signore o mi fido di altro,
di altri? “Padre mio, mi abbandono a Te…mi rimetto nelle Tue mani con una
fiducia infinita, poiché Tu sei il Padre mio”.