Vangelo 02.07.2023 (Mt10,37-42)
me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di
me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi
avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la
propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi
accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta
perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un
giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da
bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché
è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
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COMMENTO.
“Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o
figlia più di me, non è degno di me.” Ritorna anche dopo ”non è degno di
me” o anche “per causa mia”, o “Accoglie me”, “è mio discepolo”. Evidente
la centralità di Gesù. Paolo dirà: “E’ Cristo che vive in me”. Il grande
rischio dei cristiani di sempre e oggi ancora è di vivere una religione di
regole, di riti, di riferimenti a Papi o dottrine e non a Gesù Cristo.
“Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a
rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno,
a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni
giorno senza sosta.” (Evangelii Gaudium n 3). Allora mettendo al positivo
le esortazioni di questo brano, ci risuonano in profondità. ‘Chi ama me
almeno come suo padre e sua madre, è degno di me’; ‘chi prende la propria
croce e mi segue, è degno di me’; chi perde la propria vita per me vivrà in
verità’; …chi avrà dato da bere a uno di questi piccoli, mio discepolo,
avrà me stesso (Dio) come ricompensa’. Gesù è l’Amore del Padre, è
Spirito-Amore, melodia di fondo della storia, dell’Universo; tutti gli
altri amori sono contrappunti di questa melodia. Questo mistero che è Gesù,
figlio dell’Uomo, figlio di Dio, nella sua umanità la pienezza della
divinità (Col 2,9), Cristo cosmico, mi affascina, mi interroga, mi attira.
Quando parla di amarlo almeno quanto il padre e la madre, non toglie niente
agli affetti familiari, all’avventura d’amore di coppia, di famiglia, anzi
li porta a un di più. Che cosa vuol dire? Quando parla di prendere la
propria croce e seguirlo, non parla tanto di soffrire molto, ma portare la
croce del servizio, dell’accoglienza dell’altro, del fermarsi a toccare le
piaghe del ferito, del voler bene dando fino alla propria vita. Quando
parla di perdere la propria vita, non significa lasciarsi sfuggire la vita,
ma quel perdere è un ‘dare’, ‘donare’ giorno dopo giorno in un’economia del
per-dono. Un canto che abbiamo a Betania dice: ‘E’ questa l’avventura
vissuta dal Signore, solo il ‘donato’ è vita senza fine. Alleluia’. Dove
sono io in questo cammino?