Le RI-VELAZIONI del CORONAVIRUS
Giuseppina, un’amica di 90 anni, al telefono ieri insisteva a dirmi: “è la fine del mondo, a volte mi scoraggio, non possiamo uscire (il marito ha 93 anni), mi prende la paura , è proprio un’apocalisse…, allora prendo il telefono e ti chiamo….”. Così la chiacchierata è diventato lo strumento che evita la fine del mondo, che anzi ‘rivela’ delle cose nascoste agli occhi di vista corta, annebbiati dalla paura, che di fondo rimane paura della morte, di scomparire nella notte dei tempi e nel buio d’una tomba.
In questi giorni, salendo di buon mattino sulla collina di fronte, fra le ‘catapecchie’ vuote (Villaggio Dante Alighieri) per ‘svegliare il sole’ dall’altro lato del lago, o innaffiando l’insalata, i fagioli, le piantine di pomodoro avvertivo, insieme alla tenerezza d’una luce accarezzante gli occhi, il volto, tutto il corpo e svegliando lo spirito alla lode, al silenzioso grazie, anche l’oscura ombra d’un tempo di malessere, di sofferenza, di paure, di morte, di terribili isolamenti, proprio nei momenti in cui più è necessaria, salutare e consolatrice una presenza reciproca. Questo il dramma più doloroso nel dramma generale. “Mio Dio, perché mi hai abbandonato?”
E guardavo il terreno dei semi di fagioli non ancora germogliati , e l’altro terreno dell’insalatina appena spuntata….E ogni mattina mi aspetto di vedere spuntare le piantine dei fagioli, m’immagino le foglioline d’insalata talmente cresciute da essere pronte … E invece non ancora, e domani non ancora, Pazienza. (Pazienza che non perdo mai: non ce l’ho!!!)
Pazienza e Speranza, due sorelle che hanno come base la prima: Fiducia.
L’amica di 90 anni aveva usato i due termini e forse non ha torto perché Covid-19 può veramente portare la fine di un mondo, di una società, ed è cosa buona, ma dipende da noi, dipende se sappiamo leggere bene le ri-velazioni contenute nella pandemia.
La storia con i suoi avvenimenti è sempre una ‘ri-velazione’ , è sempre uno svelare e un nascondere ancora sotto un velo; perchè viviamo il tempo della figura della Realtà che, ora, vediamo solo in immagine, non conosciamo in pienenzza,
Quello che stiamo vivendo del Covid-19 è sicuramente un tempo di grande ri-velazione a tutti i livelli, in tutti i campi, anche nel campo della religione, della Chiesa, della fede.
Nella rivelazione c’è scoperta di di cose vecchie e cose nuove, dalla scoperta ne deriva l’invito e l’impegno al cambiamento-
Covid-19 è stato ed è ancora, non sappiamo per quanto tempo, motivo di scoperta di un sacco di false certezze e sicurezze -scientifiche, economiche, sanitarie, teologiche-religiose; scoperta di ‘fragilità, di isolamenti terribili, di bisogno di contatto fisico; scoperta di comunicazioni virtuali anche belle, ma mancanti del valore della fisicità.
Quante narrazioni ho sentito del dramma, della drammaticità di persone morte in solitudine senza una stretta di mano, senza l’aiuto di uno sguardo; un dramma per il moribondo, ma anche di chi non ha potuto accompagnare il parente, lo sposo, la mamma, il figlio. Dramma di sepolture senza ‘celenrazione’ dellla Vita che attraversa la morte e rifiorisce vittoriosa.
Ma così erano le nostre liturgie dei defunti, Celebrazioni del Passaggio?
Ed ecco l’altra ri-velazione del Covid-19. Milioni di persone per partecipare alle Liturgie della settimana santa, alla messa quotidiana di Francesco, papa, avvertito come fratello, come ‘pastore buono’ ; diocesi e parrocchie e istituti religiosi organizzatisi per celebrazioni e incontri on line…Cosa buona e nello stesso tempo ri-velazione dell’insostituibile ‘celebrazione’ con presenza fisica, celebrazioni in cui c’è incontro con il Vivente nel cosmo e dunque è incontro-relazione tra i partecipanti….
A Betania siamo, dall’inizio di coronavirus, in 6; siamo in campagna con un territorio abbastanza grande, possibilità di orto, di coltivare. Siamo dei privilegiati…non abbiamo sofferto la solitudine del singolo che da più di un mese è costretto fra 4 mura, senza contatto con altri, senza ‘celbrazioni comunitarie non solo virtuali.’ .Abbiamo potuto e possiamo celebrare, sia in cappella che sulla collina nel prato, tenendo le debite distanze, l’incontro con Gesù Cristo (si va all’Eucarestia per questo) e l’incontro fraterno gioioso, amichevole tra i concelebranti, i partecipanti, così anche l’incontro con il Creato, con la Natura, perchè tutto è in relazione, perchè l’Eucarestia è Alfa e Omega, segno vivo del cammino dell’Universo, della Chiesa, di ogni con-celebrante prete o laico.
Cosa ci è mancato ? L’abbraccio di pace…..quello fisico, che è ‘sacramento’ dell’Abbraccio di Dio-Spirito al Cosmo, espresso in G. Cristo da Nazareth al Calvario, al Cenacolo dove il Risorto entra a porte chiuse.
Alla prossima puntata il parlare dell’abbraccio!!!
Cara Giuseppina, che temi la fine del mondo, non aver paura, è bene che finisca un mondo.
Ma Covid-19 è apocalisse, cioè rivelazione di tanti doni, doni che, in una società opulenta, arrogante,violenta e scartante sono considerati ‘debolezza, iinsignificanti, senza importanza, appunto da scartare’ Fra tanti doni ne vorrei sottolneare tre in particolare, che sono da tener ben presenti, mi pare, per un rinnovamento della vita personale (tutto comincia di lì) e della vita sociale e anche dei piani pastorali della Chiesa.
Parlo del dono dell’incertezza in tutti i campi, del dono della relazione personale con contatto fisico, fosse anche solo uno sguardo, una stretta di mano, del dono di incontri di gruppo, in tutti i settori della vita , comprese le liturgie, attorno a un tavolo che ci permette di costruire fraternità, di dialogare percependo anche fisicamente le reazioni degli altri..
Credo fermamente che Coronavirus, in un doloroso e drammatico parto per tanti , ci indica di cambiare rotta (paradigma), mettendo al centro la relazione, una relazione fraterna, d’amicizia una relazione armoniosa con tutte le creature, con ogni altro, invece che l’ego, il denaro, l’arroganza…
Ciò richiede cambiamento, converione del cuore, e prima di tutto in me stesso, un cuore di carne, un cuore d’amore alla maniera di Gesù, Amico e Fratello.
Tom
P.S: Queste righe sono nate riflettendo un po’ sulle domande proposte a tutti i sacerdoti della Vicaria circa una pastorale dopo il coronavirus, e vogliono essere come una introduzione alla riflessione proprio sulla pastorale, ma che data da almeno tre settimane fa.