✅ No, la Naspi non spetta in caso di dimissioni volontarie, salvo in casi eccezionali come dimissioni per giusta causa o dopo maternità.
Sì, in linea generale la Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) non è riconosciuta a chi si licenzia volontariamente. Questo perché la Naspi è una forma di indennità di disoccupazione destinata a tutelare chi perde il lavoro involontariamente, ad esempio per licenziamento o scadenza di contratto a termine. Tuttavia, esistono delle eccezioni in cui anche chi si dimette può accedere alla Naspi, purché ricorrano specifiche condizioni previste dalla normativa vigente.
In questo articolo esploreremo nel dettaglio quali sono le situazioni in cui è possibile ottenere la Naspi dopo le dimissioni volontarie, illustrando i requisiti richiesti, le procedure da seguire e i casi particolari come le dimissioni per giusta causa o per trasferimento del coniuge. Inoltre, approfondiremo le tempistiche per la presentazione della domanda e forniremo consigli pratici per evitare di perdere il diritto all’indennità di disoccupazione.
Quando è possibile ottenere la Naspi dopo una dimissione volontaria
La regola generale prevede che:
- Le dimissioni volontarie non danno diritto alla Naspi, salvo alcune eccezioni
- Le dimissioni per giusta causa sono una delle principali eccezioni: si definiscono giusta causa quelle situazioni in cui il lavoratore è costretto a dimettersi per gravi motivi come mancato pagamento dello stipendio, mobbing, trasferimento illegittimo, mancato rispetto delle condizioni contrattuali, ecc.
- Dimissioni per trasferimento del coniuge: se il lavoratore si licenzia perché il coniuge viene trasferito per motivi di lavoro in una località diversa, può avere diritto alla Naspi
I requisiti per ottenere la Naspi dopo le dimissioni per giusta causa
- Essere in possesso di almeno 13 settimane di contributi versati nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione
- Aver lavorato almeno 30 giorni effettivi nei 12 mesi antecedenti l’inizio del periodo di disoccupazione
- Presentare la domanda di Naspi entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro
- Dimostrare la causa giustificativa delle dimissioni, ad esempio tramite documenti, comunicazioni aziendali o certificazioni
Modalità di presentazione della domanda
La domanda di Naspi deve essere presentata all’INPS principalmente tramite:
- Portale online dell’INPS con il proprio SPID, CIE o CNS
- Contact center INPS tramite telefono
- Patronati e intermediari abilitati
È importante rispettare i termini di legge per non perdere il diritto all’indennità.
Consigli utili per chi si licenzia e vuole mantenere il diritto alla Naspi
- Valutare attentamente le motivazioni delle dimissioni e verificare se possono configurarsi come giusta causa
- Raccogliere tutta la documentazione utile a dimostrare la giusta causa o l’eventuale trasferimento del coniuge
- Non attendere troppo tempo per presentare la domanda di Naspi, rispettando il termine di 68 giorni
- Consultare un patronato o un consulente del lavoro per essere guidati correttamente nella procedura
Casi particolari in cui il licenziamento volontario dà diritto alla Naspi
In linea generale, la Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) non spetta a chi si licenzia volontariamente. Tuttavia, esistono delle eccezioni importanti che possono rovesciare questa regola e permettere di ottenere l’indennità anche in caso di dimissioni. Vediamo quali sono questi casi particolari e come ottenerne la certificazione.
Dimissioni per giusta causa
Quando il lavoratore si dimette per giusta causa, può richiedere la Naspi. La giusta causa indica una situazione in cui proseguire il rapporto lavorativo diventa impossibile o insostenibile a causa del comportamento del datore di lavoro o di altri fattori esterni. Alcuni esempi pratici di giusta causa sono:
- Non pagamento retribuzione: ritardi o mancati versamenti dello stipendio per diversi mesi;
- Modifiche unilaterali contrattuali: cambiamenti significativi e ingiustificati delle mansioni o dell’orario di lavoro;
- Molestie o mobbing: violenze morali o fisiche sul luogo di lavoro;
- Condizioni di lavoro pericolose: situazioni che mettono a rischio la salute o la sicurezza del dipendente;
- Trasferimento ingiustificato: spostamenti territoriali che rendono difficile o impossibile la prosecuzione del lavoro.
Per poter accedere alla Naspi in questi casi, è fondamentale dimostrare la giusta causa attraverso documentazione, testimonianze o certificazioni mediche. La valutazione viene effettuata dall’INPS, che può anche richiedere un accertamento di controllo.
Dimissioni per trasferimento del coniuge o familiari
In alcune situazioni particolari, ad esempio quando il dipendente si dimette perché il proprio coniuge è stato trasferito in un’altra città per motivi di lavoro, la normativa prevede la possibilità di ottenere la Naspi anche in caso di licenziamento volontario. La legge tutela infatti il diritto alla famiglia e alla ricongiunzione, riconoscendo il diritto all’indennità in questi casi.
- È necessario che il trasferimento sia effettivo e documentabile;
- Le dimissioni devono avvenire entro un certo termine dal trasferimento del familiare;
- Il lavoratore deve dimostrare che non è possibile continuare a lavorare nella sede originaria.
Dimissioni per motivi di salute certificati
Se le dimissioni sono determinate da gravi motivi di salute del lavoratore o di un familiare a carico, debitamente certificati da strutture sanitarie pubbliche, può essere riconosciuto il diritto alla Naspi. Ad esempio:
- Malattie invalidanti che rendono impossibile il proseguimento dell’attività lavorativa;
- Cure intensive o ricoveri prolungati in strutture ospedaliere;
- Assistenza continuativa di un familiare gravemente malato.
È importante allegare certificati medici dettagliati e valutare attentamente la situazione con un consulente del lavoro o un patronato.
Tabella riassuntiva dei casi di licenziamento volontario che danno diritto alla Naspi
Caso | Condizioni | Documentazione richiesta | Possibilità di Naspi |
---|---|---|---|
Dimissioni per giusta causa | Gravi motivi imputabili al datore o situazione insostenibile | Prove, testimonianze, certificati | Sì |
Dimissioni per trasferimento coniuge/familiari | Trasferimento lavorativo effettivo e documentabile | Documentazione del trasferimento, dimissioni tempestive | Sì |
Dimissioni per motivi di salute | Gravi patologie certificate | Certificati medici pubblici | Sì |
Licenziamento volontario senza motivi giustificati | Assenza di giusta causa o comprovate ragioni | – | No |
Consiglio pratico
Prima di procedere con le dimissioni volontarie, verifica sempre se ricorrono condizioni che possano garantirti il diritto alla Naspi. Rivolgiti a un esperto o a un patronato per una consulenza personalizzata e per raccogliere la documentazione necessaria.
Domande frequenti
Cos’è la NASpI?
La NASpI è una indennità di disoccupazione erogata dall’INPS per supportare chi ha perso involontariamente il lavoro.
Si può ottenere la NASpI se ci si licenzia volontariamente?
Generalmente no, la NASpI è prevista per licenziamenti involontari, ma ci sono eccezioni come giusta causa o dimissioni per motivi specifici.
Quali sono le eccezioni che permettono la NASpI dopo dimissioni volontarie?
Si può ottenere la NASpI se le dimissioni avvengono per giusta causa, come mobbing, trasferimento, o gravi motivi personali o familiari documentati.
Come si può fare domanda per la NASpI?
La domanda va presentata online all’INPS entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Quanto dura la NASpI?
La durata della NASpI varia in base alle settimane contributive degli ultimi quattro anni, fino a un massimo di 24 mesi.
Argomento | Dettaglio |
---|---|
Cos’è la NASpI | Indennità di disoccupazione per lavoratori dipendenti che perdono involontariamente il lavoro |
Licenziamento volontario | In linea di massima non dà diritto alla NASpI |
Eccezioni | Dimissioni per giusta causa o per motivi specifici previsti dalla legge |
Modalità di domanda | Online, entro 68 giorni dalla fine del rapporto di lavoro |
Durata NASpI | Massimo 24 mesi, proporzionale alle settimane contributive |
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